Fanculo il mondo. Dopo un anno come questo non ho certo voglia di lanciarmi in argute descrizioni della società che mi circonda, o di stemperare catastrofi e difficoltà con un po’ di dry humor. Posso però parlarvi dell’unica abilità che ho imparato in questi 365 giorni: stringere i denti e fare quello che bisogna fare nonostante tutto, lasciando il resto del pianeta fuori dalla porta. Questa primavera, quando i media ancora ingrassavano ogni giorno succhiando share dai cadaveri del popolo ucraino, ero così preoccupato da non riuscire a dormire. Ora cade una bomba atomica e ci riduce tutti in polvere. A conti fatti il conflitto non era il mio problema più pressante, ma senza dubbio copriva tutto di un velo d’ansia impossibile da squarciare, rendendo ogni sforzo giusto un poco più futile. Giorno dopo giorno ho iniziato a curarmi sempre meno del continuo bombardamento di notizie tragiche, muovendomi passo dopo faticoso passo verso i miei obiettivi. Mi sono chiuso dentro me stesso, serbando quel poco di empatia e calore che riuscivo a racimolare per i miei cari – e non sempre è stato sufficiente. Queste righe dal tono duro non stanno certo a significare che io sia cambiato come persona: dentro di me sono ancora il ridanciano coglionazzo di sempre. Voglio però dire che gli accadimenti degli ultimi 365 giorni, tanto quelli della mia sfera personale quanto le grandi notizie globali, mi hanno temporaneamente spinto in una condizione di maggiore introversione. Naturalmente, questo ha impattato il modo in cui ho fruito la musica del 2022: i miei dischi preferiti dell’anno mi hanno accompagnato durante la commute giornaliera, mi hanno dato forza nei momenti duri e svegliato quando ero addormentato. Ho badato meno allo “stato dell’arte” relativamente a sound ed estetica, concentrandomi più sul mio gusto e la mia disposizione personale. Se negli anni passati i miei ascolti erano spesso tabulati, quest’anno ho invece seguito al 100% il mio mood giornaliero, arrivando a snobbare alcuni stili per parecchio tempo e poi riprendendoli tutti d’un fiato. Tale approccio, che molti nell’ambiente considererebbero un’involuzione, non è nient’altro che l’esempio lampante di quello a cui serve la musica – e chi ne scrive ogni giorno, per hobby o per lavoro, farebbe meglio a non dimenticarlo.
Ecco dunque spiccare i Viagra Boys, col loro irresistibile dance punk a tema scimmie, su dischi ben più raffinati e innovativi; ecco che la solidità espressiva di billy woods comincia a far breccia sul mio solito desiderio di assoluta creatività in ambito hip hop. Nonostante non raggiunga la top 10, Church è stato uno dei dischi che ho ascoltato di più, un mattone di belle rime e bei beat ad uso e consumo dei miei 40 minuti giornalieri di bicicletta verso casa. È stato anche l’anno dei panorami sonori esotici: Alessandro è riuscito a trasmettermi la sua fascinazione per le Scene Che Esistono e – grazie al cielo – ad avere pure il tempo per andare a scoprirle, queste scene, riportando indietro artefatti inestimabili come The Swan, Where’s the One?, Mmaso e Yeyo. Tutti dischi con cui sono andato discretamente in fissa. Nonostante tutto il preambolo sulla disposizione personale, la musica davvero rivoluzionaria trova sempre un modo per rapirmi e farmi dimenticare qualsiasi altra cosa – quando ti trovi di fronte a capolavori della portata di Xaybu: The Unseen, ecco che il tuo mood diventa abbastanza insignificante. Il nuovo progetto dei Sélébéyone è stato uno dei rarissimi lavori dove, ascoltandolo, ho istantaneamente percepito l’enorme portata della musica che mi stava arrivando alle orecchie. In un mondo dove il resto del jazz rap presenta spesso e volentieri compitini da scuola media, Lehman & soci continuano a sfornare dissertazioni da postdoc.
Data la mia reticenza sullo sfornare una disamina dell’anno passato, potrete forse immaginare quanta voglia ho di fare previsioni future. Il 2023 sarà sicuramente un anno di grande cambiamento per me; per quanto riguarda la musica, viviamo ormai in una guerra senza fine con la capacità di concentrazione degli ascoltatori, immersi in logiche di mercato che quasi sempre osteggiano più o meno apertamente la creazione di arte davvero sovversiva e originale. Come sempre, la mia speranza è che gli artisti continuino a trovare escamotage per aggirare i problemi che li separano da quello che vogliono fare realmente, e producano roba che ci faccia dimenticare i nostri, almeno per un po’.
Classifica
- Sélébéyone – Xaybu: The Unseen
- Nwando Ebizie – The Swan
- Big Thief – Dragon New Warm Mountain I Believe in You
- Richard Dawson – The Ruby Cord
- Lil Supa – Yeyo
- Congotronics International – Where’s the One?
- Soul Glo – Diaspora Problems
- Midori Takada – You Who Are Leaving to Nirvana
- Viagra Boys – Cave World
- Ecko Bazz – Mmaso
- Emily Wells – Regards to the End
- Silvia Tarozzi & Deborah Walker – Canti di guerra, di lavoro e d‘amore
- billy woods x Messiah Musik – Church
- ShrapKnel – Metal Lung
- Rosalía – MOTOMAMI
- Perfume Genius – Ugly Season
- black midi – Hellfire
- The Afrorack – The Afrorack
- Mona Evie – Chó ngồi đáy giếng
- Show Me the Body – Trouble the Water