CONTAINER BELLO

SAMBA OLTRE OGNI CONFINE

CAXTRINHO – QUEDA LIVRE

QTV

2024

MPB, Psychedelic Rock

Un’improvvisa deflagrazione all’unisono, con una chitarra slide e il suono del crash che si ergono sul caos; poi il fragore che si disperde e fa emergere un bislacco andamento in 5/4, con la batteria a dettare sottovoce un ritmo bossa nova e l’intreccio di una pletora di chitarre (due elettriche, una acustica, un cavaquinho) a enunciare un’obliqua linea melodica; in sottofondo, i suoni selvatici prodotti da una cuíca. È un’introduzione che dura soltanto pochi secondi – ce ne vogliono appena venticinque prima che arrivi la voce a inaugurare la strofa – ma il modo in cui Cria de Bel inaugura questo Queda livre è uno degli incipit più pazzeschi e sorprendenti che mi sia capitato di ascoltare in questo 2024.

Soprattutto, come rimarcano anche le parole della saggista Thais Regina che accompagnano il libretto in pdf di Queda livre, Cria de Bel offre una presentazione a 360 gradi della figura umana e musicale di Caxtrinho (al secolo, Paulo Vitor Castro). Venticinque anni, proveniente dal comune di Belfordo Roxo nella Baixada Fluminense – una regione dello stato di Rio de Janeiro tristemente famosa per i livelli di povertà – Castro è uno dei tantissimi neri di discendenza afro-brasiliana che abitano la zona, e come tale vive quotidianamente e direttamente sulla propria pelle il radicato razzismo che ancora serpeggia nella provincia: su Cria de Bel descrive proprio l’atteggiamento fiero e strafottente con cui si muove per la città, incurante dello sguardo giudicante dei bianchi che lo vedono passare. La poetica del Caxtrinho paroliere è pertanto profondamente segnata dalla vita nella Baixada Fluminense e dalle marcate disuguaglianze tra i ceti sociali (e le etnie) nella zona. I suoi testi osservano con scrupoloso dettaglio, talvolta con una certa dose di umorismo sardonico, la variopinta fauna umana che abita la regione: le sue parole ritraggono in maniera molto suggestiva personaggi, immagini, colori, (dis)avventure. Agli sconfitti dalla vita e agli sfruttati, Castro dispensa una vena di empatia, come quando tratteggia l’immagine di un operaio che precipita inesorabilmente nell’alcolismo per sopportare il grigiore dell’esistenza (sulla title track), o al contrario quando monta un piccolo mosaico delle varie attività che la classe lavoratrice può finalmente permettersi durante la domenica, unico giorno di sollievo settimanale (su Rolé na B2). Il più delle volte, però, il suo approccio lirico è critico (come nei confronti dell’automobilista che si schianta fatalmente sulla BR-101, su Desastre na pista) quando non apertamente antagonista, specialmente nei confronti della superbia altezzosa delle élite bianche di Rio de Janeiro (cfr. Branca de Trança, Brankkkos e Merecedores). 

Visto un tale mosaico di scene e di personaggi, la musica di Queda livre è per forza di cose altrettanto proteiforme, dinamica e colorata. Anche in questo aspetto il retaggio afro-brasiliano di Caxtrinho gioca un ruolo cruciale: tramite la bisnonna, Castro ha subìto il decisivo influsso della candomblé, che lo ha portato a recuperare il legame con le musiche della diaspora africana. L’organico e la pronuncia ritmica dei vari strumenti richiamano ovviamente alcune delle più importanti realtà culturali del Brasile: Caxtrinho dimostra di sapersi muovere con agilità tra la samba (Samba errado), la MPB più ammaliante (Rolé na B2), e addirittura l’avant-folk forastico di Lula Côrtes e Zé Ramalho (la title track). Al contempo, però,  il gusto scapestrato per gli arrangiamenti e la ricchezza tridimensionale dell’impasto sonoro proiettano la musica di Queda livre in territori più sgangherati e inconfondibilmente psichedelici. Entrambe le facce del sound di Caxtrinho coesistono organicamente nello stesso spazio e tempo sonori, restituendo all’ascolto l’impressione di star osservando l’immagine della tradizione brasiliana attraverso la superficie increspata dell’acqua. Per esempio, su un brano come Papagaio si possono percepire gli echi degli elaborati arabeschi acustici di Baden Powell, ma riletti attraverso l’ondivago senso metrico della Vanguarda paulistana; addirittura, sul finale la percussività si fa sciamanica e ostinata secondo la lezione di Djalma Corrêa su un classico come Ogum Xangô. Su Vó Jura, il forró collide con una forma di rock psichedelico che richiama lo spettro dei primi Soft Machine; altrove, come su Brakkkos o su Merecedores, il riferimento sembra invece quello del Caetano Veloso più acido di Araçá Azul

Queda livre è un disco turbolento, irrequieto, talmente accelerato e dinamico da apparire sempre in procinto di perdere il proprio baricentro melodico e timbrico – e non è un caso che sia stato licenziato dalla stessa QTV che a inizio anno ha pubblicato un altro monumento brasiliano alla frenesia metropolitana contemporanea quale Acelero. L’approccio musicale di Caxtrinho è onnivoro e poliglotta, in linea con quanto fatto in ambito rock sperimentale da altri importanti esponenti della scena brasiliana contemporanea come Juçara Marçal, Negro Leo e Ava Rocha: una vicinanza testimoniata dagli stessi nomi che figurano sul disco, visto che il chitarrista Eduardo Manso aveva partecipato anche alla realizzazione di Trança di Ava Rocha, mentre a cantare su Brakkkos è proprio Negro Leo. Il risultato cui perviene Caxtrinho appare però particolarmente eccentrico e sopra le righe, anche se paragonato ad artistǝ tanto stralunatǝ. Come dice giustamente Monica Mazzoli su Kalporz, il miglior correlativo oggettivo della poetica di Caxtrinho la offre la copertina a opera del pittore Arjan Martins – che condivide con Castro la scelta di mettere al centro del proprio lavoro gli sfruttati e gli oppressi: un mare burrascoso, vivo e pulsante, che si erge al di là delle divisioni rappresentate da due fili rossi e un remo posto di traverso.

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Emanuele Pavia
Emanuele Pavia