CONTAINER BELLO

SU ISOVIHA NON C’È PACE, PER FORTUNA

VLADISLAV DELAY – ISOVIHA

Planet Mu

2022

Post-Industrial, Footwork

Sasu Ripatti non è tenuto a dimostrare nulla. Con il moniker Vladislav Delay ha saputo plasmare un’interpretazione personale delle forme ambient, sorretta da grande perizia nei linguaggi glitch e dub ed evidente già vent’anni fa in dischi come Entain e Anima, mentre in contemporanea faceva operazioni di alta bioingegneria con il DNA della musica house su Vocalcity; ha costruito una credibilità inattaccabile con una discografia di grande costanza sia nelle uscite che nella qualità delle proposte. Può continuare a fare musica e pubblicare dischi perché gli va, perché gli piace, perché gli riesce bene. Ma noi perché dovremmo ascoltare un nuovo album a nome Vladislav Delay oggi? Cosa possiamo trovare qui che parli alla modernità, che vada oltre l’aggiornamento super-competente del già sentito?

Il fatto è che Ripatti è ben consapevole del mondo che lo circonda ed è curioso di esplorarlo. Recentemente con i due volumi di Rakka ha mostrato di saper dire la sua anche tra le acque tumultuose dei moderni soundscape post-industriali, tra texture hi-tech e rumore dronante, confrontandosi con lo stile che più ha saputo imporsi nelle moderne produzioni elettroniche astratte dalla Subtext in giù. L’anno scorso, ha pure fatto uscire Fun is Not a Straight Line, un disco footwork per Planet Mu. Si può dire che la footwork oggi versi in uno stato di stagnazione stilistica rispetto ai fasti di metà decennio scorso, di sicuro si trova abbastanza lontana dalle nuove frontiere della club music: provate ad ascoltare l’ultima compilation della Teklife tutta in una volta e alla fine avrete bisogno di una flebo ricostituente per uscire dalla catatonia della ripetitività. L’etichetta di Mike Paradinas tuttavia ha spinto abbastanza il genere in questi anni, e Ripatti che si cimenta con il taglia-e-cuci ultraspezzato su Planet Mu non fa la figura di un cinquantenne che va al club per sentirsi giovane, anzi: dà la paga a un mucchio di producer indistinguibili tra loro facendo vedere che i vari elementi sonori possono essere usati come materiale plastico da modellare a piacimento, invece che come tesserine da incastrare a menadito. Così viene fuori che quel disco è una BOMBA dove i mosaici di ripetizioni e variazioni della footwork si mantengono riconoscibilissimi ma vengono infestati da fantasmi e iniettati di sana cattiveria, senza mai togliere il piede dall’acceleratore. 

Ora con Isoviha il produce finlandese fa un’altra mossa non scontata, calcando un terreno che si trova un passo ancora più in là: prende i pattern ritmici della footwork e li immerge totalmente nello scenario sonoro post-industriale, sciogliendoli tra glitch e distorsioni senza soluzione di continuità. Sostanzialmente si sta ascoltando un disco dell’elettronica più scura e avvolgente, costruito però sulle fondamenta di una ghetto house estremizzata e decostruita. Ripatti è uno sciamano del suono, ad ogni passaggio si avverte la sua visione lucidissima nel costruire un caos controllato; rispetto a molti sound artist emergenti, non fa uso di una palette ampia di sorgenti sonore ed effettistica ma manipola in maniera dettagliata e ossessiva il materiale a disposizione, generando coltri stratificate di suono tanto opprimenti quanto esaltanti. All’interno di queste si trova incorporato un intero campionario di kick drum, snare e handclap su ritmi sincopati, oltre che cut-up di sample vocali mandati in loop. I pattern footwork e juke danno un respiro incredibile ai pezzi, sostituendo in maniera vibrante gli ormai sentiti e risentiti stab di basso e smuovendo continuamente il fango pesante dei droni caricato di spesso pulviscolo noise. L’esacerbazione della ripetizione che trasforma ogni elemento in uno strumento ritmico da trance indotta, tipico delle migliori produzioni footwork, si unisce alle potenti capacità di worldbuilding dell’elettronica più astratta in un connubio che suona quanto mai vitale: le ondate di synth distorti e suoni glitchati vengono ancorate a una febbrile realtà dalle schegge ritmiche e queste ultime si ritrovano a loro volta conferite di una profondità inattesa, venendo incorporate dalle galassie di rumore ad alta definizione. L’unione tra la percussività insistente dei loop e la densità delle atmosfere livide lavora così bene sulla psiche che a volte sembra distintamente di stare ascoltando non un disco di elettronica pura, ma un lavoro di black metal sperimentale. Nei rari frangenti in cui l’assalto costante di ritmo e rumore si quieta, prendono il sopravvento atmosfere di ambient rovinatissima e sconvolta in cui si avverte ancora l’odore della battaglia, talvolta attraversati da echi e sirene da club music che creano un effetto straniante. Isoviha è un ascolto a perdifiato che salta alla giugulare e non molla mai. Potete prenderlo come il disco di footwork più maligno e astratto che si sia mai sentito o come un disco post-industrial di grande pregio gettato come una cappa nera sul dancefloor: in entrambi i casi, Vladislav Delay vi ha attiratə nel maelstrom ancora una volta. 

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Roberto Perissinotto
Roberto Perissinotto