Charles.A.D – Sea Turtle Migration (no label)
Anche se sono uscite a gennaio, ora è il momento migliore per assaporare come fresca frutta di stagione queste due tracce ambient techno (enfasi su ambient) che sembrano originate con già i segni della sabbia e del vento addosso. Correnti che si muovono tra il DJ Metatron più liquido e il Gigi Masin meno letargico, synth distesi con pennellate ampie quanto l’orizzonte, luminosità dub che diffondono il suono come raggi di sole sull’acqua. È musica che si crogiola con beatitudine nel non dover imboccare una direzione, racchiusa in un piccolo ambiente sonoro animato da increspature guizzanti. Se volete allungare la vacanza, quest’anno Charles.A.D ha già rilasciato due album che si muovono su terreni simili; niente però incapsula il desiderio di un dolce naufragio come questi dieci minuti di vitale placidità.
Cloudsteppers – Aqua Hotel (Peach Discs)
La cinese Ciel e il canadese Dan Only portano forze fresche a quella industriosa popolazione che si sveglia al mattino davanti al santino di Todd Edwards e va poi a mietere i fertili campi di 2-step e breakbeat. Sotto il nome Cloudsteppers incastrano con abilità smaliziata le tessere di un suono che si muove tra una progressive house ariosa e melodica e le percussioni sfuggenti di scuola inglese, addestrate a scompigliare il ritmo in 4/4. Ottimi esempi di questo puzzle sono TDG, un pralinato di ritmi proto-dubstep caricati a molla che incontra la panna di una produzione minimale e avvolgente, e Control, che con l’energia sinuosa da dancefloor di alta fascia e l’uso creativo delle parti vocali aggiorna la coolness dei Disclosure di Settle. Una delizia, questo Aqua Hotel.
ANGOLO JUNGLE:
Outrage – Goodbye / In the Dark (Over/Shadow)
Refreshers – FR030 (Future Retro London)
Donnie Murdo/Tommy the Cat/Pastaman – Cat Chasing the Mouse (Cat in the Bag)
Nel mare magnum delle produzioni elettroniche, una delle ispirazioni più forti è ancora oggi quella che anima la musica jungle e i più vicini dintorni: grazie a una capacità difficilmente pareggiabile di unire la fedeltà verso il suono forgiato negli anni Novanta con un underground ricchissimo che sa declinarlo e ibridarlo in maniera creativa, questa scena continua a rinnovarsi rafforzando al contempo le proprie radici. Basta scavare un po’ per trovare un flusso costante di pubblicazioni riconoscibilissime e sorprendenti.
Un buon punto di partenza è la Over/Shadow, etichetta discografica fondata nel 2020 dai pionieri 2 Bad Mice (recuperate almeno il loro EP Hold It Down). Questa ha cercato di raccogliere il testimone della Moving Shadow, label fondamentale nello sviluppo delle sonorità al confine tra jungle e drum ‘n’ bass nel glorioso caos di fine millennio (potete pescare sostanzialmente da tutto il catalogo pre-2000 e andare sul sicuro – ma se dovete scegliere un solo ascolto, fate che sia Deaf in the Family degli Hyper on Experience); avendo contribuito direttamente alle sue fortune, inizialmente i 2 Bad Mice hanno riunito uno zoccolo duro di artisti che avevano già pubblicato per la Moving Shadow in passato, per poi aprirsi sempre più ad artisti dal percorso già collaudato su territori affini. A questi appartiene Outrage, producer inglese dalla reputazione solida come i rovi del sottobosco. Nelle due tracce scelte per questa rubirca raccoglie l’eredità della D‘n’B più atmosferica di scuola LTJ Bukem e Foul Play, innestandola sui toni scuri di breakbeat rimbombanti. L’operazione trova una forma lineare su Goodbye, che si lascia guidare da un sample vocale scintillante e dalle scie di pad dilatati, per poi cavare dalla borsa degli attrezzi una profusione di amen break manipolati che funziona meglio di molti integratori energetici; In the Dark invece si concede di giocare maggiormente con le dinamiche del brano, scavando gradualmente sotto l’anima anthemica di voce e piano fino ad aprire una voragine di bassi distorti e percussioni dal ghigno malevolo, in una mescolanza di euforia e sudore che è anima rave in purezza. Rinfrescante.
Una delle nuove forze all’opera sul campo è invece Luke Blair, noto ai più come Lukid e metà dei Rezzett. Da qualche anno ha in attività il progetto Refreshers, che coltiva all’intersezione tra tecniche jungle e tradizione dancehall/ragga e che sembra affinare sempre più col passare del tempo. Crumbling Down era originariamente apparsa a luci spente in un mix che Blair aveva realizzato per Dekmantel nel 2021, ma è stata poi intercettata dall’infallibile radar di Tim Reaper (vero factotum e perno di tutta la scena inglese, su cui andrebbe fatta una trattazione a parte) e pubblicata recentemente sulla sua etichetta discografica Future Retro London. È un pezzo che testimonia il livello di sensibilità con cui Blair è arrivato a padroneggiare la materia: lo si sente particolarmente nella resa sognante con cui gli echi delle parti vocali vengono pennellati sui loop ritmici, e nel modo in cui questi lasciano trasparire tra le pieghe del proprio dinamismo il battito riverberato della dub. Il remix realizzato da Phineus II, però, porta il brano in un’altra dimensione. Da una parte il sequencing delle percussioni va fuori dai coppi, allineando impennate e testacoda che arrivano ad accarezzare le convulsioni della prima breakcore; dall’altra vengono seminate delicatezze a profusione, dal cambio inatteso della linea di basso al synth vellutato che aggancia la nuvola di vocali maschili, fino alla valorizzazione di quelle femminili come bridge per tirare il fiato prima di un martellante vortice finale. Pochi elementi ma tantissima inventiva, produzione da incorniciare. Coppia d’assi, senz’altro uno dei migliori singoli dell’anno.
Per finire, una lectio magistralis sull’utilizzo creativo di sample nella musica jungle. I tre producer che sentiamo all’opera su Cat Chasing the Mouse seguono la pista che, per rimanere all’interno dei rimandi animali, è stata tracciata da Tom & Jerry (Marc Clair e Dennis McFarlane, gli stessi che trovate sotto l’alias 4hero): il fulcro dei brani sono campionamenti, anche multipli, che vengono modificati e amalgamati con l’impianto ritmico ma mantengono allo stesso tempo il proprio colore originale. Le fonti sonore scelte, che spesso attingono da soul e funk anni ‘70/’80, non si limitano così a essere un semplice appiglio orecchiabile ma influenzano notevolmente l’umore e la costruzione del pezzo. Dove si apre una finestra su scenari lussureggianti di bassi corposi, melodie d’archi e chitarre funk, il ritmo si fa agile e insinuante per assorbire il calore che ne deriva (Mice N Easy); quando invece a rivelarsi è una linea umbratile di sintetizzatore, le viene concesso di pervadere sottotraccia l’intenso taglia-e-cuci dei loop percussivi per accentuare il gioco di pieni e vuoti, con la complicità dei bassi ondeggianti (Fear). Si sente, insomma, l’ampio respiro delle tante vite e forme che una registrazione musicale può assumere, fino a diventare il grimaldello per accedere a qualcosa di nuovo. Non a caso in più punti sembrano comparire le fattezze di DJ Shadow, e se non è un complimento questo…oltretutto i pezzi spingono, quindi state prontə a fare come i topi quando il gatto è fuori casa.