CONTAINER BELLO

NON È FACILE SMETTERE DI ASCOLTARE CRISÁLIDA

DANILO PÉREZ / THE GLOBAL MESSENGERS – CRISÁLIDA

Mack Avenue Records

2022

Chamber Jazz

Crisálida va provato. La situazione è questa: Danilo Pérez, pianista jazz con un lungo curriculum, candidato a un Emmy, fioccante di collaborazioni in contesti piuttosto incamiciati che tutto sommato ci interessano zero, auto-definito humanitarian e ambassador culturale, vero funambolo di un bop candeggiato in una salsa panamese agrodolce e generica, ha trovato una più concreta vocazione della sua vita nell’insegnamento al Berklee College of Music in un programma didattico da lui fondato e battezzato Berklee Global Jazz Institute. Come si può notare agilmente dal tono delle righe che precedono nessuno di noi ha una particolare stima del percorso da musicista di Pérez: va da sé che siamo rimasti allibiti da quanto lo spunto global del Berklee abbia giovato e rinvigorito il pianismo di Pérez, che qui risulta cavalier servente di un ragionamento sonoro che trascende assolutamente le sue radici più vicine alle varie baraccate afro-cuban. Prendendo sotto la sua ala i Global Jazz Messengers, nient’altro che un raduno di ex-studenti del Berklee, Pérez si centra in una formazione che è decisamente più cameristica e meditabonda e che allo stesso tempo colora la forma del disco con timbri che non si addicono né al jazz mesoamericano né dall’altro lato alla musica di alta accademia: al pianista si affiancano due archi, un laouto greco, un ney palestinese, e percussioni varie. Che succede nelle due suite che compongono Crisálida e che portano il nome di La Muralla e Fronteras?

Non è semplice. Già dal primissimo minuto è palese che l’heavy lifting del disco non sia esattamente un lavoro effettuato dalla scrittura di Pérez. Lui, in verità, detta la linea per una comprovisation (per usare il suo stesso lessico) che lascia degli ampi vuoti, immediatamente ricoperti dagli arabeschi degli alumni di Berklee. Disegni infiammabili che descrivono senza dubbio quelle memorie relative alle tradizioni musicali dei paesi di provenienza degli strumentisti: i Global Messengers spaziano dalla Palestina alla Grecia, dalla Giordania all’Iraq. E, da bravi laureati del College, non perdono l’occasione data dal loro prof per emergere come grandi brainstormer delle melodie ricercate. L’effetto è sciamanico: la voce di Farayi Malek alla partenza de La Muralla si confronta con i singhiozzi del coro dei bambini del progetto Kalesma e si imposta nei suoi esperimenti vocali come vera protagonista di tutto il disco, supportata dagli altri musicisti in un interplay che si rovescia in continuazione da intervalli perfettamente consonanti a disarmonie che fanno bisticciare melodie ondivaghe e peregrine, fino a giungere a momenti di bonaccia distribuiti, dal carattere esoterico e sapienziale. Il timbro di Malek e la composizione empirica delle sue parti non può non ricordare la Spalding dell’Apothecary Lab di cui abbiamo già parlato, ma Crisálida non vuole essere un esperimento di sola vocalità, e si sente: i temi vengono rimpallati e deformati, ripetuti e oscurati dalla formazione, con un terzo movimento, Calling for the Dawn, che fa coesistere il battito caldo del batá con un climax macabro di archi e piano dal chiaro piglio avanguardistico. Tutta la suite sarà una ricerca di un coito puntualmente interrotto tra le labirintiche corse di Monopatìa e le danze esasperate di Muropatìa, una boccata di fumo e fetore che esemplifica perfettamente il tenore loquace e pittoresco di queste arrampicate sugli specchi. Più verticale ed esplorativa la cavalcata di Fronteras, che ha nei dodici minuti dell’Al-Musafir Blues il suo brusio più intrigante. Il solista principale del pezzo è il violino di Layth Sidiq, che, da attuale direttore attuale della New York Arabic Orchestra, si dimostra vero incantatore di serpenti, capace di influenzare tutti gli altri strumentisti (compreso Pérez) con la sua poesia improvvisata che si sgomitola tra il post-bop e il taqsim. Lo stesso Pérez, per inciso, non ha mai mancato di gettare il suo pianismo dolce e vagamente ECM in una prateria totalmente diversa dalle solite, tra lente valutazioni più cervellotiche e freschissime nevicate di note che, lungi dall’avere un risultato casereccio e sicuro, contribuiscono all’atmosfera porosa e misterica che corre per tutte e due le suite del disco. 

Al termine di Crisálida è molto difficile ricordarsi come siamo finiti lì. Un portale? Una fattura? L’alzheimer? Non è importante: il retrogusto che lasciano i Global Messengers è complesso e speziato, ma nostalgico già dal minuto uno. E, grazie ai suoi studenti, ben distanti dal panamese, Danilo Pérez è riuscito a fare una cosa che non aveva mai fatto in precedenza: spronarci a tornare immediatamente sul tasto play

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Alessandro Corona M
Alessandro Corona M