LIZA LIM – ANNUNCIATION TRIPTYCH
Avevamo salutato Liza Lim su KAIROS un attimo prima dello scoppio di una pandemia globale con il notevolissimo Extinction Events and Dawn Chorus, nomen omen all’ennesima potenza e probabilmente la pubblicazione che più ha contribuito a far conoscere il suo nome oltre i circoli della musica classica contemporanea. Quella raccolta spaziava tra lavori composti dal 2005 al 2018 e mostrava chiaramente il valore del suo percorso nelle avanguardie post-Lachenmann. Oggi conviviamo pacificamente con l’idea che orchestre ed ensemble da camera possano essere spazi elettivi per sperimentazioni anche estreme sulla natura fisica del suono attraverso le proprietà timbriche degli strumenti; se queste tecniche riescono a non rimanere sulla torre eburnea della musica colta, il merito è anche di artiste che hanno saputo rendere attuale e viva questa espressività. Oltre a Lim viene immediato pensare a Clara Iannotta, anche lei su KAIROS con l’emblematico Moult: le opere di entrambe sono permeate da una sensibilità ecologica che lega a doppio filo le filiazioni della musica concreta con l’incombente senso di catastrofe del terzo millennio, in comunicazione aperta con i mondi sonori degli studi elettroacustici e della drone music. L’uscita di Annunciation Triptych, ciclo orchestrale a cui Lim ha lavorato negli ultimi tre anni, alza ulteriormente l’asticella: l’ambizione è quella di riprendere la forza melodica ed emotiva tipica del poema sinfonico e instillarla in un tessuto musicale informato dagli sviluppi delle correnti spettraliste, coltivando la verve narrativa nella profondità della ricerca sonora. Il risultato è un ampio successo.
L’ispirazione per Annunciation Triptych arriva da tre donne che l’autrice definisce “spiritual leaders” e a ognuna delle quali è dedicato un movimento orchestrale: la poetessa greca Saffo, la madre cristiana Maria di Nazareth e Fatima, figlia del profeta islamico Maometto. In fase di composizione Lim ha connesso a queste figure femminili un vasto intreccio di riferimenti al mondo della biologia e dell’arte che ruotano intorno a diverse accezioni di annunciazione e rivelazione, il cui impianto concettuale è meglio espresso attraverso le parole dell’artista stessa. La musica, del resto, parla da sé. La strumentazione impegnata in questo trittico musicale è la più ampia per cui Lim abbia mai composto in carriera; lungi dal soffrire la sfida di gestire tanti contributi diversi, le sue potenzialità creative sembrano moltiplicarsi in questa ricchezza. In Sappho/ Bioluminescence molti degli strumenti appaiono presto assieme, come una dichiarazione d’intenti. Gli ottoni enunciano frasi musicali dalla carica drammatica, con i rintocchi delle percussioni a tenere bordone, mentre gli archi e i legni si dedicano ad infiorescenze di note che accennano un mondo di sfumature. Si susseguono figure incalzanti evidenziate dalle corde vibranti di arpa e pianoforte e connesse tra loro dai ricami di flauti, clarinetti e violini, che man mano proliferano come rigogliosi rampicanti sulle strutture offerte dagli altri strumenti. Bastano cinque minuti e già questa musica ci chiama a sé, densa e avvolgente. I chiaroscuri tra overtone armonici e non armonici sembrano percolare continuamente nel dialogo tra le partiture, rendendo veramente all’ascolto la sensazione di “bloom” e “glow” sonoro come da volontà dell’autrice.
Nelle tre composizioni il rumore non è mai distante, adombra frequentemente le progressioni di note e si riverbera nel confronto tra i diversi gruppi di strumenti; allo stesso tempo convive con momenti di nitore melodico che evocano la tradizione romantica e fanno da linfa per le spesse fronde strumentali che adornano il tessuto musicale. Questo aspetto risalta particolarmente in Mary/ Transcendence after Trauma, grazie alla struttura narrativa incentrata sugli eventi dell’Annunciazione e legata a doppio filo al tumulto di sensazioni che Lim immagina in Maria dopo la notizia traumatica del concepimento divino. Un’introduzione sommessa, con i tamburi a molla a richiamare il battito cardiaco fetale, cede il passo a volteggi scuri di violino; mentre questi crescono di intensità, scolpendo le proprie note su uno spazio musicale più sparso, i violoncelli e il contrabbasso disseminano variazioni armoniche (risonanti grazie all’uso del vibrato) dando voce all’incertezza che circonda le emozioni più forti vissute dalla protagonista. A metà del movimento risiede uno degli apici espressivi del disco: repentinamente l’orchestra si riduce solo a timpani, pianoforte e corno in una manifestazione di intimità, raccolta ma turbata, che in seguito all’Annunciazione si libera in un’apertura wagneriana dove la drammaticità degli eventi viene convogliata nuovamente nel pieno dell’orchestra. A confermare la varietà di registri con cui Lim riesce agevolmente a sviluppare il proprio mondo di contrasti e complementari, la finale Fatimah/Jubilation of Flowers vede la presenza della soprano Emily Hindrichs e un uso molto più accentuato dei silenzi. Il tema elegiaco del trombone in apertura viene richiamato da Hindrichs mentre canta una poesia di Etel Adnan (morta proprio mentre Lim iniziava a comporre questi brani) e man mano intorno a lei iniziano a sorgere altre voci di strumenti in solo o in gruppo. Ognuna di queste “voci” ha una coloritura espressiva ben definita: la si sente ad esempio nelle variazioni microtonali all’intonazione che l’autrice prevede nell’esecuzione dei clarinetti e in come queste si leghino agilmente ai trilli dei flauti, o negli echi di Bartók evocati dai frequenti pizzicato di violino. Il risultato è una fioritura di umori e coloriture differenti che riescono a conversare con naturalezza tra loro, in un costante e imprevedibile arricchimento di significato.
Con Annunciation Triptych Liza Lim riesce a portare la propria creatività su un territorio inaspettato, dove l’intensità, la densità e la complessità della sua musica si elevano e si compenetrano per un risultato spettacolare: i richiami ad opere pittoriche e creature bioluminescenti non sembreranno affatto campati per aria dopo l’ascolto. Il suo posto tra le più importanti compositrici viventi è ormai consolidato.