PERIFERIE #3

Compostabile è bello

Avete mai provato a stendervi in mezzo a un orto? A passeggiare tra il fogliame e le verdure lucenti e poi, senza ragione apparente, concedere il corpo alla terra e rimanere lì per un po’, con i sassi che accarezzano i polsi e la testa adagiata sul terreno ruvido. Gli occhi aperti o chiusi, a seconda del tipo di contemplazione che preferite.  Dopo un tempo neanche così lungo il respiro diventa ritmo e la miriade di suoni intorno – il ronzare degli insetti, il vento che scapiglia le foglie, l’eco del paesaggio, alcuni scricchiolii venuti da chissà dove – diventa una vita intera. Ci si sente meravigliosamente compostabili e passeggerə, ma anche testimoni di una forza ancestrale, che si manifesta potente nella semplicità di quel quadretto di terra e nella brulicante sinfonia generata da chi ci vive. Pensate allora come sarebbe fare la stessa cosa nel sottobosco di una grande foresta. Lasciarsi avvolgere da una realtà così grande e fitta di esistenza attraverso il florilegio di suoni che ne affermano la presenza e le relazioni reciproche. Sembrerebbe un mondo alieno? O, forse, stranamente familiare? Ad ogni modo, se non avete la possibilità di stendervi al centro di una distesa di alberi, Speaking Spaces di Natasha Barrett può fungere da ottima alternativa. È la chiave d’accesso a un mondo rigoglioso di fonti sonore naturali, in cui la manipolazione elettronica è agita con tanta cura e inventiva da sembrare una caratteristica ambientale, come dei riflessi sull’acqua o delle ombre. Così si crea un ecosistema mutevole che lascia spazio alla sorpresa senza forzature e che all’ascolto risulta allo stesso tempo alieno e familiare. Un’illusione così credibile da poter essere usata anche tra le mura di casa, tale è il potere evocativo di questo mondo in cui il suono resta indefinito tra percezione, memoria e illusione. Quando però il brano termina ci si ritrova nell’umidore cittadino di Urban Melt in Park Palais Meran, a giocare a ping pong con lo schiocco della pallina che si mescola a voci e rumori, ed è un quieto shock. Si ha la netta percezione che questa immersione in un’altra realtà attraverso i suoni sia una piccola chimera, come lo spazio verde di un parco è solo una pausa tra le strutture rigide della città. Alla fine, anche se davvero vi stendeste in mezzo a un orto, prima o poi dovreste probabilmente tornare all’indaffaramento molto umano di impegni, orari e notifiche. Ma non è detto che sareste esattamente le stesse persone. Una prospettiva differente è a un passo da noi e, che sia pazientemente mantenuta dai vostri nonni o generata dall’evidente talento di Natasha Barrett, non è poi così facile da ignorare dopo essere stata trovata.

Natasha Barrett – Heterotopia (Persistence of Sound, 2022)

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Roberto Perissinotto
Roberto Perissinotto