CONTAINER BRUTTO

NON PERDETE TEMPO CON LE WET LEG

WET LEG – WET LEG

Domino

2022

Indie Rock

No, davvero. Questa è una robaccia fatta a sforzo zero e io adesso ci scrivo due parole a sforzo zero perché non è possibile che la musica contemporanea vada avanti a trending topic mentre c’è una mandria di release che scalpita per essere cagata.

Wet Leg è un disco che parassita il britpop e il post-punk revival di serie Z degli anni ’00 fatto senza voglia e solo per cazzeggiare, pura operazione commerciale basata su una super-hit che deve venire spinta da svariate zine online e cartacee solo perché ha un’intrinseca botta di zoomer cringe che i giornalisti trattano come se fosse un esotico rompicapo con cui fare i conti, ma che in realtà non è nient’altro che una lingua parlata. Veramente un album noioso e prescindibile, che sta nello stesso campionato dei peggiori Black Keys e Strokes senza che ci sia nemmeno un twist che sia uno e che faccia rizzare le orecchie in 36 minuti di materiale. Pappa pronta per anziani nostalgici di un’epoca musicalmente oscena e senza direzione. 

Veramente un piattume allucinante, è anche difficile indicare i punti più deboli del disco, che purtroppo per me e per voi è solamente un grosso centrifugato di tutti quegli act indie anglofoni insostenibili che hanno piagato l’industria musicale negli ultimi vent’anni, nient’altro che una Disney’s House of Mouse della Domino Recordings che ha trovato una canzoncina benedetta dall’algoritmo e che si è messa a mungere persone di cui non gliene frega neanche nulla della musica che fanno. Pitchfork, in apertura, fa un buon riassunto di quanto questa uscita sia insignificante. Non prima di promuoverlo con un 7.2, perché… sì? 

Questa è una delle cose peggiori: è un album che non piace praticamente a nessuno, ma tutti si trovano a dargli una pacca sulla spalla per motivi estrinseci! Ma non c’è un valore situazionista in questa cornice, non c’è una storia assurda da raccontare, non è la popolarità (o impopolarità) che detta la regola su quanto un fenomeno sia notiziabile. Non c’è un grammo di charme outsider in tutto questo, non c’è una quantità di layer ironici disponibile a giustificare questo ritorno alla merda regalato dalla produzione di Dan Carey (stranamente al timone anche con i Fontaines D.C., i Goat Girl, i black midi…) e dio porco soprattutto speravo di non dover tornare a parlare di ironia nella musica nel 2022. 

Nessuna colpa per Rhian Teasdale e Hester Chambers, chiaramente, il cui approccio prendi-i-soldi-e-scappa raccoglie tutte le mie simpatie, tante care cose. Ma perdere tutto questo tempo e leggere in giro così tanto materiale sulla coppia dell’Isola di Wight fa venire il voltastomaco considerando il livello di mediocrità delle loro hit. Mediocrità che non è assolutamente divertente. Leggere sovra-letture psicotrope di un fenomeno così lampantemente da classifica è piuttosto doloroso, fa venire dubbi su cosa significhi stare a scrivere di musica e dà visibilità a un genere di cui speravamo di esserci liberati e che adesso potremmo vedere ripresentarsi in serie, complice il nuovo post-punk revival irlandese e britannico di cui vi parleremo questo weekend. 

Infine, se Wet Leg vi piace sono contento per voi: avete dei gusti perfettamente tarati su una serie di pseudo-major che appestano la scena internazionale e potrete ballarvela e cantarvela su tre ettari cubici di dischi andando semplicemente sui correlati di spotify. Però per certi fenomeni e chi li apprezza la domanda rimane sempre quella: “Ever get the feeling you’ve been cheated?”

Condividi questo articolo:
Alessandro Corona M
Alessandro Corona M