CONTAINER BRUTTO

L’ULTIMO DISCO DEI FOXTAILS NON DOVREBBE PIACERVI

FOXTAILS – FAWN

Skeletal Lightning

2022

Screamo

Lo screamo è una realtà complessa che non ci appartiene del tutto, ma che dagli Orchid in poi ha sempre occupato una nicchia culturale particolare, internazionalista e allo stesso tempo sovrana paese per paese. In Italia, per esempio, abbiamo avuto una scena di matrice hardcore che in particolare negli anni ’10 ha spopolato esondando dalle esperienze sociali delle cantine-sala-prove-sala-concerto fino alle esperienze asociali delle camerette-post-adolescenziali di tutti noi. La scuola transalpina, d’altro canto, si è concentrata di solito su di una versione blackened del canto urlato, trovando la sua realizzazione in un bouquet di gruppi post-metal e (ai tempi si chiamava così) post-gaze a partire, probabilmente, dai dischi di Neige. Per concludere questo excursus geografico banale e tranchant: negli Stati Uniti il materiale d’origine più comune oscilla tra l’emo del midwest, il math-rock matricolare e il post-rock. Non importa da quale troncone di genere si parta, la regola fondamentale della websfera che ci circonda è la seguente: OGNI ANNO ci DEVE essere almeno un disco screamo assurdo da spingere, che porti avanti la controcultura adagiandosi in un pantheon ipotetico di disconi. A volte va bene, altre volte decisamente meno: quest’anno, purtroppo, ci tocca cominciare confrontandoci con un disco che nel migliore dei casi è assolutamente inutile.

Fawn dei Foxtails è la next big thing da appendere in classifica in questo 2022, ma basta mezzo ascolto per capire che non c’è arrosto, non c’è fumo, non c’è nulla. Provenienti da un gruppetto di Long-Extended Play di media caratura il cui massimo livello di passabilità arriva con la terza registrazione (III, appunto), i Foxtails non sono mai stati nulla di più dell’ennesima band Emo-Screamo statunitense – siamo nel Connecticut, anche abbastanza distanti dalla culla del midwest. Nessun giornale di caratura reale ha dimostrato negli anni passati un qualche tipo di coinvolgimento verso le sorti di questa piccola realtà, anche se la band sforna dischi a cadenza piuttosto regolare sin dal 2015. Il meglio che si può trovare in giro è un post sul subreddit EmoScreamo che recita “Hey, this is my band. foxtails – iii” e che linka al bandcamp della combriccola. L’anno in cui le cose cambiano è il 2021 con due innesti fondamentali all’interno della grammatica della band:

1. Un caso di accuse e controaccuse di molestia sessuale tra i Nostri e i Touché Amoré, band di cui i Foxtails avrebbero dovuto procedere come gruppo di supporto, che a leggerla da lontano è un tipico girone dantesco di gaslighting e relazioni problematiche. Lasciamo il link qui senza commentare, perché, banalmente, non è possibile farlo con cognizione di causa.
2. L’innesto assolutamente non forzato di Jared Schmidt nella band, un violinista che sa assolutamente suonare bene il violino e che non rappresenta assolutamente un tentativo di cavalcare la popolarità raggiunta dai LOREM IPSUM.

E quindi a gennaio 2022 il caso Foxtails esplode: Fawn diventa uno dei dischi più chiacchierati e apprezzati del metaverso, recuperando recensioni che addirittura riescono a tirare in mezzo i Dirty Three e gli Slint, prendendo copertura sui grandi canali youtube e bucando la top 10 dei vari aggregatori di voti e recensioni online. La Next Big Thing marchiata screamo del 2022 sembra essere arrivata a gennaio come fu nel 2021, possiamo tornare ad altri affari. No?

No. Fawn è un disco di una mediocrità dolorosa e asfissiante, buono solo per la copertina pastello: non è aggiungendo un violino solista che copri la strada verso una forma musicale più ragionata, soprattutto se l’intervento è ancora più minimale e scarno degli intermezzi sinfonici meno ispirati che, come metro di paragone, sono usciti dai nostri cari Marnero. Sin da Ego Death si capisce dove i nuovi Foxtails vogliano andare a parare: l’interplay tra le linee di basso pigre e legnose, gli accompagnamenti classicamente midwest delle chitarre e soprattutto le sviolinate al limite del mononota di Schmidt portano un album veramente faticosissimo da ascoltare, dipingono a tentoni un paesaggio noioso e insipido, che purtroppo non si limita ai primi statement di Ego Death o Star-Crossed, ma resiste nel suo grigiore soffuso e insostenibile per la quasi totalità del disco.

Appurato che non siamo davanti a un Vivre Encore 2 registrato a Monroe sarebbe buona speranza da ascoltatore concentrarsi sul comparto più squadrato, d’ispirazione math-rock, andandosi a cercare una certa raffinatezza nelle costruzioni del brano o anche un intreccio più consapevole e “art”, direzione che sembrava imboccata nei dischi precedenti – ma la triste verità, al tatto dei brani, è che la matematica dei Foxtails è quella delle addizioni a una cifra; la commistione che il disco cerca di creare tra la sua anima artistica, quella incazzata e quella trascinata semplicemente NON esiste: in Fawn è tutto quanto appiccicato sullo strato precedente senza un minimo di continuità o concetto. Gli hook dei brani, il violino solista, i crescendo di batteria, persino le performance vocali di Benham e Cadena-Fernandez – nessuna di queste cose è in comunicazione, nessun elemento della band riesce a portarsi avanti senza scadere nel cliché – e i risultati sono visibilmente imbarazzanti. Che cos’è il singhiozzo di levato a metà di Gallons of Spiders Went Flying Thru the Stratosphere? Perché nelle componenti di Star-Crossed devo sentire un violino che spara dominanti come farebbe un ragazzo delle medie con il flauto dolce? Perché dovrei riascoltarmi La Belle Indefferénce se il meglio che riesce a offrirmi sono delle chitarre brodose che posso trovare negli antri più aridi di qualsiasi disco vagamente math degli ultimi quindici anni?

Il disco è tutto così. E non si tratta certo di problematiche del comparto tecnico, qui siamo affezionati ad alcuni dei dischi che suonano peggio della storia della musica: quello che manca è prospettiva, un disegno, un’idea musicale di qualche genere, qualcosa da esprimere su strumento e il mezzo per esprimerlo. Ci sono riusciti benissimo i LOREM IPSUM l’anno scorso, con un disco che poteva essere il fondo del barile ma che si è rivelato davvero creativo. Ci sono riusciti un paio d’anni fa, in un’altra circostanza, i Liturgy, con un disco che sprizzava idee da tutti i pori. Ma senza andare così in là: persino un disco un po’ sciocco ma divertente come None But a Pure Heart Can Sing riesce a gettare il cuore oltre l’ostacolo, se c’è una direzione, un po’ di talento – o anche solo della genuinità. I Foxtails erano abbastanza promettenti, sono giovani e i dischi precedenti hanno questa vena genuina: si vede molto bene con Querida Hija, un disco quasi brillante che, ovviamente, non ha avuto particolare successo di pubblico. Quest’anno, con il clamore che si portano dietro e la scelta per niente lungimirante di gettarsi verso i fanalini di coda del post-rock-con-archi, rischiano di farsi confondere da chi li ascolta per qualcosa che non sono e di condannarsi così, da soli, ad un futuro gramo di dischi pessimi e piacioni in una visibile involuzione del progetto. Un vero peccato per un gruppo qualunque a cui avremmo voluto concedere sempre, come minimo, il beneficio del dubbio.  
Rimane almeno una piacevole fortuna ai Foxtails: è davvero difficile fare peggio di Fawn.  

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Alessandro Corona M
Alessandro Corona M