DJ SABRINA THE TEENAGE DJ – DESTINY

Spells on the Telly

2023

Pop House

All’incirca ogni lustro vediamo la comparsa sulla cresta dell’onda di un nuovo artista iperprolifico, che butta fuori trecento minuti di musica ogni anno – per la gioia di chi vuole solo vibare con un sottofondo di qualità mentre fa cose, e la disperazione di chi invece ascolta i dischi concentrato per ottenere un minimo di visione d’insieme sul panorama musicale contemporaneo. Per dirne una: nonostante dare completa attenzione a ogni beat di Impossible Nothing non sia probabilmente il modo giusto di ascoltarlo, alle prese con questi artisti a volte chi scrive di musica deve fare un sacrificio, cercando di captare quale di essi meriti un ascolto approfondito, chi abbia veramente bisogno di tutto questo minutaggio per esprimersi al meglio. Come molti altri, ho scoperto DJ Sabrina the Teenage DJ in piena pandemia, quando il loro album Charmed suscitò abbastanza interesse nei circoli internet un po’ più modaioli e sbottonati. Pur essendo un duo inglese (a cui comunque mi riferirò col singolare da ora in poi, dato il moniker), la coordinate sociali alla base del progetto risiedono fermamente negli States, con continui rimandi ai teen drama nordamericani. Musicalmente parlando ci troviamo invece davanti un panorama di rimandi assai più globale, comprendente prima di tutto – come sembra succedere sempre più spesso in questi anni – gli Avalanches, giganti australiani della plunderphonics, e in secondo luogo una buona fetta della house europea più poppettara, quella che andava di moda specialmente nei primi anni del nuovo millennio; a ciò DJ Sabrina unisce talvolta le ritmiche scomposte proprie del moderno suono elettronico britannico, privandole però di quel sapore urbano e grimy che contraddistingue quasi tutto lo stile. Altri generi fanno insistentemente capolino, dalle voci femminili pitchate memori della deconstructed club di SOPHIE a un’orchestrazione dei campionamenti talmente giocosa da riportarmi alla mente le composizioni di Pogo, quel musicista australiano molto popolare alla fine dei Noughties che su youtube faceva video musicali samplando film e cartoni animati. Sul nuovo disco Destiny, uscito in pieno agosto, i riferimenti e gli espedienti compositivi del duo sono rimasti stabili: suoni solari e nostalgici, con campionamenti biascicati di quelle pep-talk da “potrai fare tutto quello che vuoi” ostinatamente in sottofondo. Nel contesto di dischi dal minutaggio tanto lungo da sembrare infinito, queste caratteristiche vanno a creare una sensazione del tutto particolare in chi ascolta, una sorta di eterno ultimo giorno di scuola in un campus statunitense. Chitarre acustiche, sintetizzatori, beat digitali e sample si impastano a formare una melassa sonora tanto kitsch quanto affascinante, unione ulteriormente promossa da una produzione sfumata che gioca poco con le dinamiche per non far risaltare troppo nessuna componente, cercando invece di lasciare il minor vuoto possibile nel materiale sonoro. Come inevitabilmente accade, portare avanti la stessa cosa per quasi quattro ore risulta un po’ stancante, ma in questo caso il rimbalzare dei beat house da discoteca pomeridiana è piuttosto efficace a mandare in trance chi ascolta: Destiny è il classico disco che se ascoltato nel momento sbagliato rischia di annoiare subito, ma nel mood giusto può essere goduto anche nella sua interezza. Se non si è vicini a questo stile espressivo, bisogna senza dubbio ingoiare qualche rospo per capire che DJ Sabrina ci sa fare, che ha un progetto originale alla base e che lo porta avanti con coerenza e savoir fare. Chi scrive non vi parla da amante di questa attitudine artistica, anzi: odio con foga la glorificazione di tutta quella spazzatura pink as fuck, oggi caricata impropriamente di tematiche relative alla giustizia sociale profonda che una sitcom di serie Z creata da pseudo-pedofili hollywoodiani trent’anni fa chiaramente non aveva. Forse però, adesso che questo letame è stato ormai sparso ovunque, stanno cominciando a nascere opere che, pur su basi malaugurate, sono in effetti autenticamente creative e dotate di profondità propria. Alla fine l’unica cosa che conta è saper fare arte. In un mondo che non sembra interessato a coltivare la capacità di separare la roba valida dalla monnezza, in questa amalgama retrofuturista ipertecnologicizzata e disenfranchised, una tonnellata di campionamenti ben orchestrati sotto belle basi house non sono la cosa peggiore che poteva capitarci.

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David Cappuccini
David Cappuccini