ASIA MENOR – ENOLA GAY

Sello Fisura

2023

Math Rock, Emo

Alla coda del mio giudizio positivo nei confronti del debutto degli Asia Menor mi è venuto subito da chiedere a me stesso: cosa differenzia questo Enola Gay dallo stuolo di album di sfera indie/post/art-punk che erutta nelle mie cuffie con la frequenza di quattro barra cinque uscite al giorno? Indagare sulla differentia specifica che mi porta a quel tenue sbarellamento mentre ascolto Patio, La Naturaleza, 1920 è certamente un buon modo per portarvi alla mia prospettiva e convincervi che questo disco che ha fatto tanto hype su certe piattaforme non è solo fumaggio ma anche formaggio (espressione che sarà prontamente censurata nel nostro processo di editing). Peraltro, da qualche parte dovevamo pur riprenderci, dopo la delusione degli Squid.

Punto primo: l’ispirazione. Oramai è da anni che la musica dei giovani intellettuali è stata monopolizzata dal britpunk, una scena che è riuscita a risuonare con tanta forza da guidare la propria piccola invasion anche al di fuori del Regno Unito, certe volte arrivando anche agli Stati Uniti. Nonostante questi elementi siano arrivati al disco durante la fase di produzione, è chiaro che la collocazione geografica degli Asia Menor, cileni, ha reso il gruppo un po’ più impermeabile a questo tipo di trend e più affine a generi che saranno stati importati dagli States a Santiago con quel tipico ritardo di una decina d’anni di cui soffriamo anche noi in Italia. In questo caso si parla chiaramente di emo (che, ricorderete, era il genere nella prima metà degli anni ‘10). Fortunatamente la declinazione degli Asia Menor è ben più modernista e meno piagnona di quello che ci siamo subiti noi: si vede dalla scrittura che il gruppo ha passato l’adolescenza ad ascoltare non tanto gli American Football ma i Wicked Farlays, i Brave Little Abacus e soprattutto i Cap‘n Jazz. 

E da qui arriviamo al punto secondo: il cervello. Quell’atteggiamento di stanza math-jangle tipo college, tragico da ascoltare se brancicato a cazzo, magico se impugnato con competenza, impone che il gruppo si metta a pensare. E il pensiero è una bella costante di Enola Gay, su cui si possono dire varie cose negative (lungo, molto compatto, a volte un po’ perso) ma non certo che sia stato ragionato poco. La formazione classic rock chitarra-chitarra-basso-batteria riesce a riempire sorprendente il mix anche nei suoi pezzi meno frenetici (Lento, Flores del Naranjo) impegnandosi in operazioni e dinamiche che sono sempre sul pezzo. L’occasionale tempo composto è sempre ben integrato nella meccanica del brano, la digressione di feedback e improvvisazione fa il suo ingresso proprio quando i versi tendono alla necrosi, le linee di chitarra trottano sulle scale con una brillantezza che a volte fa pensare, non così perdutamente, a una somiglianza con i fraseggi di Tom Verlaine e Richard Lloyd (Estrés è il miglior esempio). Certo, a volte dagli scoppi math che attraversano le varie sezioni dei brani si passa con troppa foga a dei momenti di aria e ad una repentina regressione delle dinamiche (la prima parte del singolo killer Patio è esemplare), ma è molto facile perdonare queste ingenuità. Perché?

Punto terzo: il cuore. Enola Gay non è stato considerato dal pubblico un disco emo solo perché le sonorità profumavano di Midwest. Il debutto degli Asia Menor, pur nella sua convolutezza, sa essere veramente, ma veramente dolce. L’intensità espressiva dei cantanti e l’amabilità melodica della sezione strumentale riverberano nei brani anche quando la scrittura comincia a scricchiolare e a indebolirsi, riempiendo lo spazio dell’ascolto. Il gruppo, racconta la breve bio di Bandcamp, è arrivato al cult status a Santiago, Concepción e Temuco (la loro città di origine) tramite anni di live in locali alternativi e underground, che possono essere ascoltati su YouTube – e la provenienza da quel tipo di dimensione si sente tutta, ogni volta che il singolo pezzo si aliena nelle sue raffiche più spinte. Anche la demo del 2020 rende molto chiara l’idea: nella noce di Enola Gay non c’è un ragionamento diretto al pubblico, né la voglia di cavalcare un’onda di successo internazionale. Semplicemente un quartetto di ragazzi che prendono la loro indie shit in low fidelity, la ricostruiscono, la intagliano. La decorano, la sviluppano, e infine la fanno uscire per Fisura, un’etichetta di Santiago che probabilmente ha fatto il miglior investimento del suo corso vitale.

La magia della demo rimane tutta, il disco cresce, cresce in se stesso e cresce su chi lo ascolta, quel po’ di stupore per le soluzioni nella composizione e negli arrangiamenti cede il passo all’affetto man mano che i pezzi si riascoltano e si riconoscono, e l’album diventa velocemente una delle nostre scelte per questo 2023. È bello.

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Alessandro Corona M
Alessandro Corona M