KING GIZZARD & THE LIZARD WIZARD – PETRODRAGONIC APOCALYPSE; OR, DAWN OF ETERNAL NIGHT: AN ANNIHILATION OF PLANET EARTH AND THE BEGINNING OF MERCILESS DAMNATION

KGLW

2023

Thrash Metal

Stare dietro a tutte le uscite dei King Gizzard & the Lizard Wizard è un’impresa a dir poco ardua – e infatti, con schiettezza, nemmeno ci proviamo: il loro output discografico ha molto più a che vedere con le produzioni in serie delle grandi industrie piuttosto che con l’effettiva creatività artistica, e abbiamo di meglio da fare che stare appresso a ‘sti ciarlatani che pubblicano a getto continuo usando come pretesto una gimmick imbecille diversa ogni volta dalla precedente. Su Nonagon Infinity c’era l’idea di riprodurre il disco in loop perenne; in Flying Microtonal Banana, ça va sans dire, c’era l’adozione della microtonalità; su Infest the Rats’ Nest era la rivisitazione iconoclasta della musica thrash metal (che però loro non sapevano suonare, e quindi era uscita una roba più stoner che thrash); per Ice, Death, Planets, Lungs, Mushrooms and Lava – che manco ho ascoltato perché non me ne frega niente – hanno improvvisato sette brani in sette giorni diversi basandosi ogni volta su uno dei sette modi della musica greca antica. Sembra già piuttosto ridicolo così, ma la situazione peggiora quando si ascoltano effettivamente i loro lavori e si sente sempre la solita formula di derivazione garage/psych, con richiami didascalici ora allo space rock, ora al krautrock, ora alle jam band, ora allo stoner quando i King Gizzard & the Lizard Wizard suonano più duri, occasionalmente twistata da superficiali orpelli pop, elettronici, hip hop e jazz funk che cercano di circuire l’ascoltatore e indurlo a pensare che la loro musica sia effettivamente una roba sempre in evoluzione di disco in disco. Sono più o meno tutti punti che avevamo menzionato già l’anno scorso parlando di Omnium Gatherum, che ci aveva offerto la ghiotta occasione di manifestare tutta la nostra repulsione per la loro attività, ma vale la pena ribadirli. 

Ora, a metà giugno, è uscito l’ultimo album targato King Gizzard & the Lizard Wizard, intitolato PetroDragonic Apocalypse; or, Dawn of Eternal Night: An Annihilation of Planet Earth and the Beginning of Merciless Damnation (d’ora in poi, solo PetroDragonic Apocalypse), e tutti gli indizi che suggeriscono la catastrofe sono facilmente leggibili prima ancora di sentirlo per davvero: c’è di nuovo il titolo pretenzioso con quella fastidiosissima ironia postmoderna da ragazzini terminally online (questa volta con l’aggravante data dalla lunghezza esasperante); c’è ancora una volta la gimmick dei sette brani improvvisati da zero ognuno in un giorno diverso come era stato per Ice, Death, Planets, Lungs, Mushrooms and Lava; questa volta c’è pure un concept massimalista e over the top tra lo sci-fi e l’apocalittico, che viene ulteriormente appesantito dalla promessa che PetroDragonic Apocalypse si tratti soltanto della prima parte di un dittico di album sull’abusatissimo tema dello Yin e dello Yang. Quindi, perché me lo sono ascoltato? Innanzitutto perché sono un cretino che ama sprecare il proprio tempo libero. In secondo luogo, perché PetroDragonic Apocalypse ha recuperato le sonorità più thrash sperimentate per la prima volta su pezzi come Venusian 2 da Infest the Rat’s Nest, e quindi ero sinceramente curioso di sapere come potesse suonare la loro lettura di un genere a me molto caro, dopo quattro anni dal primo (e non riuscito) tentativo. E sicuramente da un punto di vista squisitamente tecnico e professionale le cose sono migliorate di molto: dove quello per larga parte finiva semplicemente per suonare come una goffa chimera tra il suono psichedelico del gruppo di tutti gli altri dischi e il moderno linguaggio stoner metal di gente come gli High on Fire, la musica di PetroDragonic Apocalypse appare riconoscibilmente thrash metal – che non è un merito di per sé, ma almeno questa volta va dato atto ai King Gizzard & the Lizard Wizard di aver raggiunto effettivamente il sound che ricercavano. Ciò che c’è da dire di positivo su questo album però finisce qui, perché PetroDragonic Apocalypse suona insopportabilmente posticcio e passé. In qualche momento, come su Flamethrower, la produzione più moderna potrebbe ingannare che i King Gizzard & the Lizard Wizard guardino anche a riferimenti un po’ più attuali come Nevermore e Mastodon (che poi parliamo di gente che ha avuto il proprio prime tra i quindici e i venticinque anni fa, quindi attuali è comunque un’esagerazione); ma la costruzione dei riff, le progressioni armoniche, la concezione della base ritmica, le sezioni soliste, la struttura dei brani rimandano tutte a una concezione estremamente classica dell’heavy e del thrash metal, che si può ricondurre sommariamente al filone maggiormente influenzato dai Motörhead – e quindi Metallica (il riferimento più ovvio e strombazzato in più o meno ogni pezzo), Whiplash, Overkill quando va bene. Altri nomi più estremi come Slayer e Kreator, pur citati dal gruppo in varie interviste, sono percepibili solo occasionalmente e con molta fatica, per esempio in alcune parti di Dragon (come il riff a 0:53, che sembra uscito direttamente da Show No Mercy) o nell’intro di batteria su Converge, che anche per via del suono dei tom fa pensare a quella di Pleasure to Kill – il resto del brano però è essenzialmente il frutto di una tresca tra i soliti Metallica e lo stoner metal. Qualche sporadica incursione più esplicitamente psichedelica (cfr. il groove vagamente kraut a metà di Motor Spirit, o la quasi totalità di Witchcraft) non è abbastanza per cambiare il fatto che l’interpretazione del thrash metal dei King Gizzard & the Lizard Wizard è dilettantesca, artificiosa e pesantemente passatista, come del resto lo è la loro interpretazione del rock psichedelico. Nel 2023, il thrash non sarà forse il sottogenere più in forma del metal, ma comunque ci sono tuttora diversi gruppi che stanno davvero cercando di esplorare nuove vie (o vie non abbastanza sondate in passato), dagli americani Xoth alla scena cilena di Demoniac ed Hellish. Scambiare un lavoro come PetroDragonic Apocalypse per uno dei vertici creativi che, di questi tempi, ci si possa aspettare nell’ambito thrash è uno dei massimi disservizi che si possa fare all’intero panorama: non lasciate che un 8 dato da un incompetente critico pelato vi convinca del contrario. 

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Emanuele Pavia
Emanuele Pavia