CONTAINER BELLO

BEJA POWER! MUSICA CONTRO I REGIMI

NOORI & HIS DORPA BAND – BEJA POWER! ELECTRIC SOUL & BRASS FROM SUDAN’S RED SEA COAST

Ostinato Records

2022

Tishoumaren

Tra tutte le comunità esistenti nell’Africa orientale, quella Beja non è una delle più conosciute. È un popolo che persegue uno stile di vita essenzialmente nomadico nei brulli territori più a est del Sudan, quelli compresi tra la costa orientale sul Mar Rosso e il confine con l’Eritrea. È anche uno dei popoli più antichi della regione: le attuali conoscenze antropologiche stimano che siano diretti discendenti delle prime popolazioni che, intorno al 4000 a.C., si insediarono nell’Africa orientale. Nel corso dei secoli, tuttavia, i Beja hanno subìto un’influenza sempre più pervasiva in seguito alla migrazione di diverse tribù provenienti dalla penisola araba, a partire dal X secolo d.C., tant’è che ora la lingua più parlata è l’arabo e la religione più professata è l’Islam. Il peso che esercita la cultura araba sui Beja è schiacciante anche al giorno d’oggi e, in effetti, un’influenza così prevaricante non è dovuta soltanto alla naturale integrazione di popoli che vivono nella stessa regione: quando il moderno stato del Sudan è stato istituito nel 1956 affrancandosi definitivamente dal dominio inglese, il governo sudanese ha attivato un processo di islamizzazione sistemica e soggiogante nei confronti dei Beja. Il momento di maggiore tensione si è avuto con l’avvento del regime di Omar al-Bashīr nel 1993, che ha dato il via a una campagna di arabizzazione basata su politiche discriminatorie e oppressive di stampo ferocemente razzista: alla comunità Beja è stato impedito di utilizzare la propria lingua per comunicare per via orale o scritta, di registrare la propria musica – di fatto bandendo ogni forma musicale di derivazione non araba –, ne è stata scoraggiata la rappresentazione in festival popolari e in trasmissioni televisive, ne sono state represse con violenza le forme di dissenso anche pacifiche. Tutto questo nonostante la regione in cui vivono i Beja sia la più ricca di materie prime preziose come oro, silicio e miche che vengono esportate all’infuori del continente africano.

Non è quindi sorprendente che durante le proteste spontanee sorte in Sudan a partire dalla fine del 2018, che richiedevano a gran voce importanti riforme civili, politiche ed economiche e che hanno infine portato all’abbattimento del regime di Omar al-Bashīr nell’aprile 2019, i Beja fossero in prima linea a battersi contro il governo: arrivarono perfino ad attuare importanti operazioni dimostrative come la chiusura delle strade che collegano il resto del paese a Porto Sudan, sul Mar Rosso. In quegli anni tumultuosi, Noori è stata una delle figure che si sono spese con più coraggio e dedizione in favore del popolo Beja cui appartiene – è lui stesso a raccontarlo in questo commovente manifesto politico e culturale.

Oltre che attivista politico, che ha pagato in prima persona la sua militanza con abusi, pestaggi e incarcerazioni perpetrati dal regime di al-Bashīr, Noori è anche un musicista attivo da tempo nella scena sudanese. Gli inizi del suo percorso artistico risalgono addirittura agli anni Novanta, quando decise di ibridare un manico di una chitarra elettrica, reperita fortuitamente in una discarica di Porto Sudan, con il corpo di un kissar – una lira della tradizione musicale nubiana anche nota con il nome tanbūra. Armato di questo inedito strumento elettrico, ribattezzato giustamente tambo-guitar, Noori si è quindi dedicato a tempo pieno a una missione artistica che ambisce alla preservazione, alla riattualizzazione, e quindi alla propagazione delle musiche tradizionali e antichissime del popolo Beja – che, a fronte della censura dei governi sudanesi, sono state ben poco divulgate e commercializzate in passato. Basti pensare che, fino allo scorso anno, praticamente l’unico modo di ascoltare musica Beja era una misconosciuta registrazione del 1995 della Original Music, Rain in the Hills: non esattamente un best seller. Un dato del genere può forse essere sufficiente per debunkare le dichiarazioni iperboliche della Ostinato Records, che nel press-kit di questo Beja Power! Electric Soul & Brass from Sudan’s Red Sea Coast parla della «first ever international release of the Beja sound»; di certo, però, non basta per derubricare queste parole a mera trovata commerciale completamente priva di fondamento. Soprattutto perché la musica che accompagnano è effettivamente bellissima, esotica e misteriosa, come soltanto le musiche fuori da ogni luogo e ogni tempo sanno essere.

Effettivamente, le melodie di Beja Power! hanno poco a che spartire con i caratteristici maqam arabi comuni a molte musiche delle regioni limitrofe. Complice la peculiare formazione della Dorpa Band che accompagna Noori, composta di un tenor-sassofonista, un bassista elettrico, un chitarrista ritmico, e due percussionisti alle conga e tabla rispettivamente, la musica di questo gruppo appare più affine ad alcune delle ultime derivazioni elettriche della musica Tuareg come il tishoumaren recentemente riportato in auge da Mdou Moctar (anche se l’approccio della Dorpa Band, meno virtuoso e occidentalizzato, rimanda maggiormente ai Group Inerane, privato però della caratteristica componente vocale). Tuttavia, l’orecchio è tratto continuamente in inganno da singoli elementi che traviano continuamente i riferimenti culturali dell’ascoltatore, suggerendo accostamenti con le tradizioni più disparate: l’utilizzo delle tabla e delle conga fa pensare alle tradizioni musicali del Ghana, ma il passo ritmico presenta comunque suggestioni provenienti dal mahori thailandese; il tono profondo del sax – il vero, grande co-protagonista della musica di Beja Power! insieme alla tambo-guitar di Noori – richiama quello di Charlie Rouse e traccia un ponte con il jazz etiope di Mulatu Astatke; il riverbero e il rapido plettraggio alternato della chitarra e della tambo-guitar esaltano invece le influenze mediorientali del surf rock primigenio, ricollocandolo nella Nubia. Eppure, la mente vaga oltre la California dell’ovvio riferimento Dick Dale, approdando perfino al Giappone di Takeshi Terauchi. È sinceramente difficile comprendere fin quanto questi siano semplicemente riferimenti cui io, completo novizio alla musica Beja, mi appiglio nel disperato tentativo di collegare queste melodie a mondi a me più noti, e quanto invece ci sia un’attiva e deliberata contaminazione pangeografica che Noori applica alla tradizione del suo popolo: probabilmente, la risposta sta da qualche parte in mezzo a questi due estremi.

Rimane una musica di raro fascino che, pur animata alla base da un ruggente desiderio di rivendicazione identitaria, suona infine sorprendentemente poco rabbiosa e aspra. Anzi, solo occasionalmente appare venata di una struggente dose di nostalgia e di misticismo: su Jabana, l’esempio più eclatante in questo senso, il tema illustrato sommessamente dal sassofono e ribadito dalla tambo-guitar ricorda addirittura le atmosfere misteriche pennellate da Charlie Rouse nella sua magnifica In His Presence Searching. Per la maggior parte della sua durata, in brani come Al Amal e Wondeeb, Beja Power! sfodera invece un suono gioioso e ruspante, con groove danzerecci degni di Fela Kuti e ipnotici dialoghi tra tambo-guitar e sassofono che sembrano affermare, con il sorriso sulle labbra, il grande messaggio di Noori:

Beja music cannot be beaten by any regime.

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Emanuele Pavia
Emanuele Pavia