ABBIAMO DECISO DI CAMBIARE IL MODO IN CUI VOTIAMO

Votare la musica è un’azione assai controversa. Se ne sentono di tutte: c’è chi declama quanto sia svilente per l’arte, chi usa i voti come misura del buon gusto personale e chi al contrario pensa che la storia della musica debba essere ordinata secondo una gerarchia unica e inoppugnabile. Al solito, di fronte a una questione così spinosa gli estremismi non sono produttivi, non ci portano da nessuna parte. Il primo gruppo si priva infatti dell’ordine mentale dato dal votare tante opere nel corso degli anni: non occorre per forza avere il ridicolo sistema in centesimi di Pitchfork per far funzionare la cosa (“sì, questo disco è chiaramente un otto virgola sei… dici che è un otto virgola quattro? Che patetico coglione”); un semplice BRUTTO/NORMALE/BELLO segnato su qualche aggregatore può benissimo bastare a conservare il ricordo di un certo disco, aiutarti a schematizzare cosa cerchi dalla musica, dividere una libreria per trovare con più comodità quello che vuoi riascoltare, eccetera eccetera. Il secondo modus operandi, perfetto per un ascoltatore occasionale, sta invece un po’ stretto a chi fa della fruizione musicale una passione, a chi ha ormai inanellato migliaia e migliaia di ascolti. Navigare l’oceano di un’arte così fondante e complessa affidandosi soltanto al proprio gusto significa perdersi una parte importante del viaggio: ci sono aspetti oggettivi dell’espressione artistica (scena di riferimento, mezzi tecnici adoperati, raffinatezze compositive o timbriche, per citarne velocemente alcuni) la cui identificazione e corretta valutazione sa dire molto sul significato di un’opera, e può essere rivelatoria anche su un piano totalmente viscerale. Una volta imparato a inquadrare queste componenti, molti appassionati tengono il piede piantato sull’acceleratore e cominciano a catalogare tutto ossessivamente, commettendo così l’errore madornale del terzo gruppo. La musica non è una piramide. Tutti hanno opere o artisti che ritengono particolarmente geniali e importanti, ma nessuno di noi possiede la scienza infusa: per quanto si possa riconoscere innegabile valore in un musicista, il giudizio personale sarà sempre plasmato dagli interessi di ognuno, dalle cose che si ritengono affascinanti e che sono il risultato di un percorso unico. Dunque, il valore del voto si esplica del tutto una volta riconosciuta la sua natura, che è quella di una pennellata di vernice sopra un tronco nella foresta: marca un dato punto a te stesso e agli altri, può servire per orientarsi oppure per segnalare qualcosa. Così come non è ideale ignorare del tutto queste indicazioni, seguirle religiosamente ponendo attenzione solo al percorso che delineano fa perdere le mille altre strade che ti si aprono davanti.

TL;DR: VOTARE BENE SERVE RAGAZZI!!!

SEPARATORE

Sorpresa sorpresa, questo pezzo non punta solo a disquisire sulla natura del voto. Ha in realtà una funzione molto pragmatica: col nuovo anno, Livore aggiornerà il suo sistema di voto, diventando ben più generoso coi numeretti che piazza vicino ai dischi. Le ragioni di ciò sono molteplici, ma la principale è che tutti noi abbiamo realizzato quanto sia ingiusto guardare le gemme della contemporaneità all’ombra dei grandi capolavori del passato. Il nostro sistema di valutazione partiva infatti dall’assunto che i nostri dischi della vita, il massimo che secondo noi questa splendida arte abbia donato al mondo, siano i 10/10; nella stragrande maggioranza dei casi parliamo però di opere che hanno avuto l’occasione di sedimentare nella collettività, di essere contestualizzate appropriatamente e separate da tutte le mode e le trappoline espressive destinate a sfumare via coi decenni. È pertanto scorretto subordinare il lavoro di artisti che si sforzano di dipingere il nostro presente a capolavori che hanno già avuto modo di raccontare il loro. Nessuno dei nostri lettori ci salterà alla gola se in futuro gli capiterà di vedere un 10 a The Velvet Underground & Nico coesistere con un 9.5 ad Antología del Cante Flamenco Heterodoxo; allo stesso tempo, una classifica di fine anno piena di voti dall’8 in su renderà sicuramente più giustizia alla gioia che proviamo quando incappiamo in un disco che ci finirà dentro.  Per i lettori a cui i voti non interessano – dopotutto sono davvero solo un numerino funzionale, il fulcro del nostro operato resta il pensiero alla base dei pezzi e la cura che poniamo nel metterlo per iscritto – non cambierà niente. Chi invece ci butta sempre un occhio sappia che i voti passati saranno pian piano aggiornati; all’inizio, pertanto, ci potrà essere discrepanza tra quelli pre- e post-2024. La nostra speranza è che durante l’anno i picchi svettino ancor di più, i dischi dal carino al buono siano più accuratamente distribuiti, la monnezza (che non ci esimeremo certo dal criticare) resti monnezza. Per il resto, buona fortuna per questo duemilaventiquattro: con l’andazzo delle cose ne avremo tutti bisogno.

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Livore Redazione
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