CONTAINER BELLO

SÌ, LAURA AGNUSDEI HA FATTO CENTRO

LAURA AGNUSDEI – FLOWERS ARE BLOOMING IN ANTARCTICA

Maple Death

2025

Avant-Jazz, Tribal Ambient

8

Mentre rimettevo in ordine le mille schede del browser aperte per buttar giù questa recensione mi sono accorto che, in realtà, il primo disco di Laura Agnusdei lo avevo già ascoltato. Non mi piacque. Due stelline, un’infamia che destino a quei lavori che non mi hanno detto nulla, che mi scorrono addosso come acqua tiepida, e infatti di Laurisilva non mi ricordo assolutamente niente. E allora mi dico, com’è possibile questa cosa visto che Flowers Are Blooming in Antarctica mi è piaciuto così tanto? Sono io ad essere cambiato in questi sei anni o è stata la sassofonista ad aver saputo evolvere la sua musica così nettamente? Vediamo.

Innanzitutto, diciamo pure che sei anni fa sono stato stronzo. Laurisilva l’ho riascoltato, non è effettivamente un capolavoro, ma non si può dire che non sia interessante; acerbo, quello sì. Le influenze che Agnusdei metteva sul piatto già a partire da quel debutto erano chiare: il quarto mondo di Jon Hassell, il jazz liquido del Miles elettrico e l’elettroacustica – quest’ultima, un territorio in cui si sarebbe mossa più volte nella sua carriera. Un anno dopo arriva il COVID, e anche la nostra, come tanti altri musicisti, sente il bisogno di reagire al disagio del confinamento suonando, componendo, arrangiando. In questo caso però, navigare tra le isolette che Agnusdei ha plasmato tra 2020 e 2021 come sfogo espressivo desta sorprese: parliamo di sonorità proteiformi, che a volte si manifestano come sound collage autobiografici, altre volte come espansione tenebrosa o brillante (recuperate Riflessi!) della timbrica del suo sassofono, altre ancora come dialoghi tra quest’ultimo e il paesaggio di Bologna. È chiaro insomma che qui c’è qualcosa da tenere d’occhio, una sensibilità spiccata espressa in un costante rapporto con lo spazio, che sembra infondere in questa musica una linfa pulsante; una interdipendenza tipica di chi ha pienamente metabolizzato il concetto di soundscape

Il fatto che Laura Agnusdei sia finita nel giro Maple Death, quindi, non ci stupisce più di tanto. L’esordio per l’etichetta è arrivato due anni fa con gli schizzi sghembi di Goro, e la collaborazione si rinnova con questo Flowers Are Blooming in Antarctica. Il titolo è didascalico, visto quanto abbiamo detto prima, e in rete potrete trovare un numero n+1 di recensioni che ci raccontano di come questo disco sia collegato al cambiamento climatico, all’ambiente, all’estinzione, eccetera eccetera eccetera. Il pippone retorico ce lo risparmiamo, anche perché non sarebbe necessario. Alla luce della discografia della musicista appare semplicemente naturale che questi temi costituiscano una delle componenti vive della sua musica, ma ricordare che Agnusdei sia arrivata a questo tramite un percorso, paziente e ragionato, rende non solo giustizia al suo lavoro: arricchisce anche la fruizione del disco stesso.

Flowers Are Blooming in Antarctica lascia da parte sia le incertezze di Goro che l’elettroacustica nuda e cruda delle uscite post-COVID: la sassofonista riprende le redini da Laurisilva, ne raccoglie le influenze, e le elabora con una nuova maturità. Tutti i nomi citati all’inizio sono infatti presenti in queste otto tracce, con Hassell che la fa da padrone. Ma se Ittiolalia è un quarto mondo a sé stante, e Cuttlefish Rem Phase sembra venir fuori dritta dritta dal secondo Pentimento, lo stesso non si può dire di un episodio come P.P.R.N. (Physarum Polycephalum Rail Network), dominato dall’ossessività minimale di percussioni che non possono non portare alla mente le danze della pioggia dell’Herbie Hancock di Sextant. Una suggestione sonora, questa, raccolta anche dall’adorabile scherzo di Are We Dinos, in cui apprendiamo da un bambino che noi esseri umani non ci estingueremo allo stesso modo dei dinosauri (ma sicuramente presto, nda). 

Ascoltando i brani restanti continuiamo a galleggiare in questo poliedrico brodo primordiale con una certa soddisfazione. Certo, la ripetizione del basso di The Drowned World ricorda sicuramente i lavori più rarefatti di Miles Davis, come potrebbe essere altrimenti. E Oasi Bar, invece? Sono pazzo io nel sentire qualcosa degli African Head Charge di Drastic Season nel suo impianto ritmico, laddove il sassofono non è impegnato a disfare tutto? Forse, non lo so. Ciò che so è che le sferzate elettroniche sul mantra di Solvay Beach contribuiscono a renderla una delle vette di questo lavoro, e che se quel sassofono fosse una tromba si potrebbe pensare che Jon Hassell sia ancora tra noi (magari). Chiudere infine con lo spiritualismo più rilassato di Emperor Penguin Lullaby è sicuramente un’altra scelta azzeccata, che ci lascia sul palato quella tipica sensazione dolce che cogliamo quando siamo consci di aver trovato una piccola luce nei primi, poco esaltanti mesi di questo 2025. 

La musica di questo disco è viva, giocosa, si mette in discussione traccia dopo traccia in un rincorrersi di ispirazioni, originali trovate timbriche e armoniche, complesse atmosfere tropicali. Ogni brano di Flowers Are Blooming in Antarctica possiede un colore peculiare che, pur essendo immediatamente distinguibile, esprime il meglio solo una volta combinato con gli altri, come nei frammenti di un caleidoscopio. Il collante è sempre il sax di Agnusdei, ora limpido, ora distorto fino ad essere irriconoscibile; riprendete ad esempio Solvay Beach, e notate il bilanciamento così preciso innestato tra la schizofrenia del pattern di steel pan sintetizzate e la linea ragionata delle sue melodie: le surreali fronde degli alberi in copertina sembrano tracciate proprio da quegli arabeschi. 

Non dare una possibilità a Flowers Are Blooming in Antarctica, fatevelo dire, sarebbe un peccato. È un disco efficace, lungo il giusto, fantasioso, che merita un posto tra le uscite migliori dell’anno. Siamo contenti di Laura Agnusdei, e dovreste esserne contenti anche voi. 

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Lorenzo Dell'Anna
Lorenzo Dell'Anna